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Tre aggettivi: lento, finto, interessante

Perchè leggerlo? Per conoscere una parte di storia di cui non siamo molto informati in un romanzo ambientato ai giorni nostri

 

Un romanzo tutto sommato piacevole e scorrevole da leggere, per la trama ricca di sorprese e colpi di scena che lascia sempre il lettore col fiato sospeso.

Il suo stile non mi è piaciuto: sento la mancanza delle congiunzioni.

Questa Margaret Mazzantini è un po' perversa e sembra scrivere con uno stile che non è il suo. Manca di naturalezza, risulta tutto artefatto, ben costruito, come se la trama non fluisse spontaneamente. 

Va bene che il suo è un modo per rendere più immediato il messaggio, ma è proprio necessario che tutte le sue frasi siano stereotipate per ottenere l'effetto impatto? Alle volte ci vuole semplicità.

Sembra una successione di fotografie come a celebrare ogni singola immagine. No Mazzantini, legamele insieme una per una e fanne il solito film su carta: voglio leggere un romanzo e per godermelo dev'essere ben scritto.

E' perversa perchè calca la mano, indugia su tutto quello che c'è di schifoso, sdegnante e ci si sofferma troppo, inutilmemte. Non serve continuare a insistere su un tema quando è già stato ampiamente sviscerato e il lettore resta lì, in attesa del seguito, che non arriva mai perchè la Mazzantini deve accanirsi ben bene su ogni particolare che non offre ulteriori elementi alla storia.

Inizialmente l'effetto degli argomenti schoc dell'autrice scuotono il lettore perchè sgomentano; le immagini forti e dure ne destano l'interesse, poi cominciano a innervosire perchè dà un'infinità di dettagli che non sembrano avere alcuna funzione ai fini della storia. 

Attira l'attenzione con dettagli pruriginosi che in un primo momento ci attraggono e incuriosiscono, ma poi sottraggono valore al tutto perchè sono banali espedienti per vendere e scalare la classifica dello squallore, e ci chiediamo quando ricomincia il racconto.

 

La trama comunque è di quelle che prendono, e a maggior ragione non aveva bisogno di avvalersi di inutili trucchetti per abbindolare i lettori.

 

Si tratta della storia di una donna e di suo figlio.

Tutto comincia con una chiamata di un vecchio amico.

Gemma, la protagonista, è invitata dal vecchio amico bosniaco Gojko ad andare a Sarajevo per una mostra fotografica incentrata sulla guerra a Sarajevo.

Gemma, vagamente scossa dalla chiamata dell'amico con cui non aveva contatti da molti anni, informa il figlio Pietro del breve viaggio che li aspetta.

Il ragazzo è riluttante, ha 16 anni e preferirebbe partire per il mare e fare quello che fanno i suoi amici, ma la madre gioca la carta della curiosità e lo convince a visitare la città in cui è morto suo padre.

Durante il viaggio Gemma ci racconterà del suo passato, segnato da un unico amore travolgente, il fotografo Diego.

 

Ho apprezzato i brani in cui la Mazzantini, o Gemma, parla in prima persona dei suoi sentimenti, sa rendere bene il romanticismo e l'intesa che si crea in una coppia, in modo sintetico, soprattutto quando non è avara di congiunzioni. Se si fosse espressa sempre con tanto slancio come nell'esprimere il sentire di Gemma il romanzo avrebbe avuto uno spessore diverso.

Non acquistatelo: non serve concorrere al buon successo di vendita di questo libro che ha già avuto il suo momento di gloria. Prendetelo in prestito se avete voglia di conoscere qualcosa sulla guerra a Sarajevo. E' un romanzo che mette il lettore al riparo dalla sofferenza a causa dello stile a tratti forzato, artefatto; appare costruito, assemblato per non peccare nella grammatica e perchè risulti chiaro nell'esposizione ma non sembra raggiungere il cuore perchè forse non viene interamente da esso.

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