Un lunedì sera del 2021 mi trovo a girare per le corsie dell'Esselunga vicino a casa mia.

Mi sento bene, ho i miei stivaletti di vernice col tacco, il mio cappotto nuovo, mi piace come mi stanno i capelli, forse sono anche troppo contenta del mio aspetto e la mia autostima è a mille.

Insomma in questo periodo, e in particolare in questi ultimi mesi, che vanno dalla liberazione post quarantena 2020 a oggi, mi sento bene.

Ci ho messo 26 anni per sentirmi bene, sono lontana dall'accettarmi completamente, ma non soffro costantemente per il mio aspetto, per la mia erre moscia, per le figure che colleziono di continuo. Ho dei momenti di down anche pesanti, ma ci metto poco a tirarmi su e obbligarmi a essere felice.

Succede, però, che in quel fatidico lunedì sera di cui ho fatto cenno poco fa, incontro, anzi intravedo, una ragazza che faceva le medie con me.

Immediatamente, non sono più io, non sono più spontanea, non riesco più semplicemente a camminare coi bicchieri di carta in una mano e i tovaglioli nell'altra, mi sento come se dovessi fare una sfilata, ed è proprio questo che faccio, mi sposto i capelli da una parte e dall'altra, raddrizzo all'inverosimile la schiena, e, visto che non voglio salutarla ma neppure far quella che non saluta, faccio di tutto per non farmi notare.

Diciamo che l'idea del non farsi notare va in conflitto con tutto quel che ho detto finora, quindi forse è più corretto dire che faccio la vaga, e poi sono incuriosita da lei, è rimasta uguale ma è anche tanto diversa. 

Ho persino incontrato il suo sguardo un paio di volte, la prima perché mi piaceva com'era vestita, non l'avevo ancora riconosciuta ma la trovavo proprio carina, e la seconda per assicurarmi che quella ragazza carina fosse la mia ex compagna delle medie.

Non è che mi sforzi di impressionarla perché temo il suo giudizio, semplicemente penso che anche lei, riconoscendomi, possa essere curiosa di vedere come sono, e alla fine un giudizio lo formulerà di sicuro, anche se a me non sarà dato sapere quale.

Facciamo un passo indietro e vi racconto chi era questa ragazza, parlando al passato perché dall'anno della terza media sono passati tredici anni, e, per quanto io sia convinta che alla fine non si cambi mai perché sono la prima a non riuscire a cambiare, potenzialmente lei è un'altra.

Parto dicendo che era una ragazzina evidentemente e ampiamente in sovrappeso, e non è che di per sé sia un problema, ma sicuramente non ti facilita la vita, e a quell'epoca la body positivity non ce la sognavamo nemmeno. A fasi alterne, ovvero quando decideva di essermi amica, mi raccontava in modo più o meno esplicito quanto si sentisse da meno rispetto alle altre, e io, ignorante ma con buone intenzioni, non potendo negare l'esistenza dei suoi chili di troppo, cercavo di consolarla dicendo "Ma hai il viso più bello della scuola, il resto non conta, puoi sempre cambiare".

Altro dettaglio non da poco, lei, a differenza mia, era cresciuta senza padre, o così ho capito, non conoscevo bene la situazione. Aveva solo la mamma, la sorella e una signora anziana che credo facesse le veci della nonna, e che probabilmente è venuta a mancare da un pezzo.

Concludiamo l'identikit con un'ultima informazione: era una ragazza di origine straniera, se ricordo bene di religione islamica. Non so se fosse nata in Italia, non ha molta importanza ai fini dell'episodio che sto raccontando e delle considerazioni che ne ho tratto, forse avrei dovuto dire che la sua famiglia non disponeva di molti soldi, che sua madre non aveva avuto accesso alla cultura, ma comunque ipotizzo che per lei si percepisse come straniera e ne soffrisse, anche se nella mia scuola i ragazzi stranieri erano tanti e venivano da ogni parte del mondo.

Per comodità la chiameremo Giulia.

Senza motivo, Giulia, in prima media decide di marchiarmi "a vita" con l'etichetta di puttana, e con la sua amica (visualizzate un elemento che non differiva di molto da Giulia) continua a chiamarmi così, lo fa di continuo, senza un motivo apparente.

Lo fa quando le gira male, e le gira male frequentemente, per tre anni.

Il mio maglione viola a collo alto? Apparentemente è da puttana.

Pettinarmi i capelli con la riga di lato? Puttana.

Ho sbadigliato? Puttana.

Quando era in buona, io cercavo di farmela amica, di essere carina con lei, ma ogni volta tornava sempre a rivolgermi quell'appellativo.

La cosa bella era che non aveva neppure il coraggio di pronunciare la parolaccia per intero, usava solo l'iniziale: 

"Sei una Pì".

Puttana, come insulto, avrebbe dovuto devastarmi, almeno questo era di sicuro l'intento di Giulia, distruggere la mia autostima, fare in modo che anche il resto delle mie compagne mi emarginassero, e che io per prima mi nascondessi, ma in realtà c'era una parte di me che era segretamente orgogliosa di aver meritato quell'insulto. Sarebbe stato molto peggio se mi avesse detto "sei brutta", anche se avrei potuto facilmente contrattaccare con "E tu sei grassa", anche se già allora l'idea di umiliare qualcuno con un commento sul peso mi disgustava.

Comunque, tornando all'orgoglio. Naturalmente non potevo mostrarlo, e di questo orgoglio che provavo a tratti mi vergognavo anche, non avrei dovuto essere contenta di quell'appellativo. Certo, "puttana" nella mia testa implicava poter avere qualche ragazzo, e l'approvazione dei maschi era tutto per me, qualche volta avrei voluto risponderle qualcosa tipo "Almeno a me i maschi non mi schifano".

Stavo pensando a quante ragazzine che subiscono questo tipo di "prese in giro" di continuo si uccidono perché pensano che la loro vita finisca lì, e così, appena fuori dall'esselunga, quando ho potuto tornare a essere me, con la mia camminata e i capelli sotto il cappotto perché ormai Giulia era lontana, ho capito che sono stata forte.

Non esagero, la vessazione era continua, e chiacchierando con mia mamma è venuto fuori che sì, lei lo sapeva che subivo dai bulletti, perché ero una ragazza timida, imbranata e piena di complessi, ma non aveva idea delle proporzioni del dramma che affrontavo ogni volta che mettevo piede a scuola.

Nemmeno io credo di aver ben chiaro quanto sia stato brutto trascorrere tre anni a sentirmi insultare, ripeto, la cosa grave non era l'insulto, ma il volermi far stare male.

Mia mamma mi avrebbe forse dato dei consigli per rispondere agli insulti con la logica, o l'intelligenza, ma io manco volevo raccontarle come stavano le cose.

Non ho mai detestato andare a scuola. Certo sono stata male, cavolo io mi ero persino impegnata per guadagnarmi l'amicizia di Giulia, e in modo disinteressato, sempre, ero pronta a perdonare tutto ogni volta che era gentile con me, quindi alla fine soffrivo anche per il suo continuo tradire la fiducia che le davo, ma non avrei mai accettato di farmi abbattere, figuriamoci poi da una parola che, a mio avviso, aveva persino implicazioni positive!

Riguardo quegli anni da lontano, cerco di capire meglio.

Eravamo rivali, le due migliori della classe, ma io ero più brava, di poco, o forse a livello di voti eravamo pari, però la prof. di italiano preferiva me a Giulia.

Lei, per vincere una competizione di cui ho preso coscienza solo molto tempo dopo, faceva di tutto per mettermi in cattiva luce con la prof.

Le diceva che facevo i compiti durante l'intervallo o peggio, durante le lezioni prima (vero!), che a volte mi truccavo mentre la prof. spiegava (vero) e quando scoprivo troppo la pancia secondo le usanze dei primi anni del 2000 andava a segnalarglielo (io mi coprivo immediatamente facendola passare per visionaria, e poi le ridevo in faccia).

A me di piacere a questa prof non importava poi così tanto, ma quando ho capito che era una cosa che potevo portarle via l'ho fatto.

Sono stata una lecchina, alzavo sempre la mano, facevo mille interventi durante le lezioni, e avevo trovato persino la voglia di studiare e fare i compiti a casa invece che alla bell'e meglio tra una lezione e l'altra. Il tutto naturalmente continuando a mostrare la facciata della pelandrona che non ha manco bisogno di impegnarsi, quella che è brillante per natura, che impara in fretta, e sempre curata e conciata come le mode tamarre dell'epoca imponevano (sempre tenendo conto dei pochi soldi gestiti in autonomia e della libertà d'azione limitata che mi davano i miei...).

Dopo essere diventata la pupilla della sua adorata prof, ho fatto l'impossibile anche per portarle via un ragazzino che le piaceva.

Mi ricordo ce mi aveva confidato lei stessa di avere una cotta pazzesca per questo tipo di un'altra classe, e di avermi fatto capire che sapeva di non avere chance perché non era magra... tenerezza.

Va da sé che una volta accettato che ci fosse la guerra tra me e Giulia, non mi sono risparmiata.

In pratica non è successo niente, questo ragazzino ha parlato con me di persona forse due volte e poi ci siamo scambiati qualcosa come tre SMS al giorno per una settimana. In corridoio ci salutavamo pieni di imbarazzo e con molta discrezione per evitare che ci prendessero in giro.

A me all'epoca piaceva un altro, e l'oggetto d'amore di Giulia l'ho conquistato solo per farle dispetto. Leggevo ad alta voce, avendo ben cura di farmi sentire da Giulia, i messaggini penosissimi del tipo in questione. Quei "ciao come stai" a cui rispondevo "Bene tu?" ma con molte meno vocali e senza poi saper che dirsi o rivolgersi la parola all'intervallo hanno sicuramente spezzato il cuore di Giulia.

Era quello il mio scopo, e una volta raggiunto, del ragazzino non mi sono manco più curata.

Mi dispiace dirlo e so che è una di quelle cose veramente complicate e controverse, ma ora, sedici anni dopo (o tredici contando dalla fine di quell'inferno che sono le medie) ho capito che anche senza lottare avrei vinto sempre io, perché mi erano stati dati tutti gli strumenti per vincere: ero una ragazzina normopeso, con una situazione economica sicuramente più serena della sua, con un papà, con dei genitori che mi stimolavano ad imparare e mi compravano libri a non finire, con dei nonni che mi facevano sempre regali.

Si trattava d'invidia? All'epoca lo avevo già più o meno intuito.

Giulia l'ho trovata più magra, sedici anni dopo.

Lo so, non è assolutamente importante, grasso magro verde azzurro a nessuno gliene frega, però penso che dietro al suo dimagrimento possa esserci anche una profonda crescita personale, e forse che abbia un po' più di autostima.

Non ho avuto neanche il coraggio di fare un cenno perché ho ancora le mie turbe e i miei complessi, ma se proprio mi trovassi a doverci scambiare due parole, le direi che sta bene, proprio bene, ma in fondo non è cambiata troppo perché bella lo era anche con quei chili. Riuscire a dimagrire richiede forza di volontà, ne deve essere orgogliosa, sono sicura che ora abbia meno voglia di insultare altre ragazze.

Ho provato anche uno strano senso di gratitudine. 

Difficile spiegarlo, ma rianalizzare quel periodo, quegli anni, mi ha fatto sentire fiera di me. Mi sono comportata nel modo migliore possibile.

Il mio dolore aveva alimentato la mia rabbia, e anche una spavalderia che ovviamente non fa parte di me, ma che è intervenuta come uno scudo per proteggermi, forse.

Insomma, mi sono fatta spezzare, ma piegare no, questo non lo avrei permesso. Giulia alle medie voleva che mi nascondessi per paura di essere giudicata, io mi sono messa sempre più in mostra, per quanto non facesse parte del mio carattere stare al cento dell'attenzione e ho scoperto una forza che ancora oggi in certe situazioni mi farebbe comodo.

Dico a me stessa che non mi sono fatta calpestare, e ne sono felice.

Giulia è una di quelle figure che sta nella tua vita per metterti alla prova, per farti esplorare quel che hai dentro e costringerti a superare i tuoi limiti. Forse senza i suoi insulti sessisti oggi non mi sentirei così coinvolta nella causa femminista, non avrei imparato tutto quel (poco) che so sul patriarcato e sull'oppressione che le donne subiscono da secoli a questa parte nella nostra società, non combatterei per la mia libertà ogni volta che se ne presenta l'occasione.

Quel che sono lo devo molto anche a lei. Il modo in cui sedici anni fa ho gestito e risposto a quelle offese incessanti, per come la vedo, ha formato il mio carattere.

La morale di questo post, è che è difficilissimo essere una ragazzina. Tutti alle medie viviamo un mare di cambiamenti e ci sono drammi continui, penso alle generazioni che stanno attraversando questo periodo in didattica a distanza e mi viene da piangere. Diamoci tutti un aiuto, diffondiamo un po' di amore, perché senza scomodare la religione (una qualsiasi), possiamo renderci conto di essere tutti fratelli, basta guardare un po' meglio la persona che abbiamo davanti e troveremo in lei mille difetti e insicurezze e paure che probabilmente abbiamo anche noi

 

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